Gli Otros Aires, definiti “progetto di tango elettronico audiovisuale” dal fondatore e cantante del gruppo Miguel Di Genova, sono un insieme di musicisti argentini e spagnoli il cui credo è la fusione delle radici argentine del tango con elementi elettronici. Da qui il concetto di “altro”, rispetto al tango tradizionale, come a dire: tango, ma non solo. Nati nel 2003 a Barcellona, due cd all’attivo, attualmente sono una delle realtà più vivaci e apprezzate nel panorama internazionale di tango nuevo. Il loro concerto da tutto esaurito il 16 aprile scorso alla Milonga della Stazione ha conquistato i milongueri romani e stranieri, affollando la pista nonostante i ritmi prevalenti fossero quelli elettronici a scapito di quelli più “ballabili”. Ritmo coinvolgente, anche grazie alle immagini videoproiettate, gli Otros Aires hanno regalato al pubblico una serata divertente e scatenata, e piuttosto sui generis rispetto ai classici concerti di tango. Abbiamo quindi rivolto qualche domanda al simpatico leader Miguel, per spiegarci sinteticamente l’origine di questo progetto.Come nasce il progetto “Otros Aires”?
Io sono di Buenos Aires, del barrio Purreydon. L’idea però mi è venuta otto anni fa quando stavo a Barcellona. Lì c’è l’usanza di mischiare la musica delle radici con l’elettronica perché c’è molta movida, quindi avevo la necessità di fare cose nuove all’interno della musica delle radici del tango. Attualmente vivo a Barcellona.
Perché hai voluto mischiare vari elementi nel tango?
Barcellona in questo momento è una MACCHIA di molta gente che viene da molte parti del mondo. Da qui mi è venuta l’idea di mettere in contrasto il tango molto antico e tradizionale con l’elettronica: nel primo cd “Otros Aires” c’è una contrapposizione dei due universi, che sono sempre paralleli e convivono in un unico processo.
Hai scelto questo tipo di suono anche per avvicinarvi a un pubblico più giovane?
In realtà il bello di suonare nei locali di Barcellona era che non c’era gente di tango. Era gente che veniva al bar per bere, e che trovava la versione “primitiva” composta da una chitarra, una sequenza elettronica e un processore, e questo piaceva, funzionava. Poi tornai a Buenos Aires per rifinire questo progetto, per dargli un aspetto più tanguero, siamo andati nelle milonghe per dare un po’ di colore porteño. Alla fine, è come una mescolanza delle due cose: di quello che è successo a Barcellona e di quello che è successo a Buenos Aires. E il nostro pubblico è eterogeneo, variabile: c’è gente povera, ricca, più giovane, meno giovane…
Ti sei ispirato ai Gotan Project?
Quando ho creato gli Otros Aires conoscevo poco i Gotan Project, non erano famosi e presenti come oggi, erano più da “bassofondo”. Non c’erano tante informazioni, c’era stato molto prima tango elettronico con un remix di Piazzolla, cose che sono rare in questo momento.
Come sono cambiati i componenti del gruppo?
All’inizio c’erano amici musicisti che partecipavano al mio progetto, poi quando tornai a Buenos Aires collaborarono alcuni amici però non potevano farlo in modo fisso, costante. Nella prima tournée del 2006 sono entrati il pianista e il bandoneonista attuali, poi è cambiato anche il batterista.
Sullo schermo, durante il concerto, scorrevano varie immagini…
Sono la fusione di cose vecchie, nuove, di Barcellona, come un collage, per rappresentare audiovisualmente il concerto.
Quando uscirà il vostro prossimo cd?
Questo è un mistero anche per me!
Questo era il vostro primo concerto a Roma?
No, il secondo. Il pubblico romano è stato buenissimo, ha una buona predisposizione, capisce e solidarizza con i musicisti, ci mette il cuore.
Claudia Galati