IL LIBANESE DEL TANGO: MAZEN KIWAN

Claudia, Mazen Kiwan e Raffaella Grassi
Claudia, Mazen Kiwan e Raffaella Grassi

Il 26 febbraio scorso alla Milonga della Stazione è entrato un po’ di…Libano, grazie al maestro Mazen Kiwan. Ragazzo poliglotta (parla fluentemente inglese e francese), specializzato in più danze, tanguero elegante e raffinato, Mazen è di temperamento timido ma quando balla è preciso nei  movimenti e interpreta bene la musica. Merito della sua formazione e dei suoi studi, di cui ci parla nell’intervista che segue oltre al Festival di Beirut da lui organizzato, giunto quest’anno alla sua terza edizione (28 aprile-1 maggio).
Tu hai un background di danza folk e contemporanea: come hai deciso di passare al tango?
Ho scoperto il tango come musica mentre ballavo la country dance alla fine degli anni ’80/inizio ’90. A poco a poco ho iniziato a ballare il tango per mio piacere principalmente, poi ho pensato di lavorare con esso, perché il tango mi ha preso! Sono andato su Internet e ho scoperto quanto profondo fosse il ballo, quanto ricca fosse la storia, la musica, la cultura…Non è stata una rottura, ho portato avanti le varie danze parallelamente. Il tango mi ha catturato per il suo ritmo naturale.

Quali sono stati i tuoi maestri?
Ho iniziato a ballare il tango a Parigi con Pablo Veron. Poi alla fine degli anni ’90 ho fatto un workshop con Gustavo Naveira e con Federico Moreno, che venne a Parigi e che lavorava anche con ballerini di danza contemporanea. Poi ho fatto pratiche e workshop con molti maestri, non solo a Parigi.
Quando è stato introdotto il tango in Libano?
In Libano da molto tempo c’era la dance de salón come danza marginale, quindi quando il tango è tornato in Europa non era una novità, e lo stesso è accaduto in Oriente. Da 30-40 anni abbiamo cantanti che cantano tango e che fondono il ritmo del tango con la musica orientale, e con esso la cultura e le stesse cose che venivano dall’Argentina. Questo fece tornare il tango in Oriente come in Europa.

Invece ci volle più tempo per i ballerini. In Libano il tango torna dall’anno 2000, e in particolar modo io dal 2003 ho iniziato a organizzare il primo workshop di tango a Beirut. Nel 2009 la comunità tanguera del Libano è cresciuta, e quindi dopo alcuni anni c’era abbastanza seguito per organizzare il
Festival.
Come nasce l’idea di fare il Beirut Tango Festival, che ha ospitato tra gli altri anche Miguel Angel Zotto e Geraldine Rojas?
Dal 2002 sono stato invitato in vari festival, e ogni volta pensavo che mi sarebbe piaciuto fare una cosa simile a Beirut. La gente lì è gioiosa, ama la vita e fare festa. Era molto facile rendere possibile un festival lì, anche perché il tango è lentamente cresciuto a Beirut. È bello andare in Libano anche per il
paesaggio, il mare, le montagne, il clima…
Parlaci del tuo metodo d’insegnamento.

Ho preso un diploma di insegnante di danza contemporanea. Ho studiato anche pedagogia con vari maestri tra cui Gustavo Naveira. Ho anche approfondito lo studio del corpo, ho studiato cioè come forzarlo, come prepararlo a ricevere le informazioni e a trasformarle in azione. Non è solo  questione di testa ma anche di corpo, quando balli tango o qualsiasi altra danza. Il tango ha molte parti sentimentali, emozionali, ha una musica molto forte… poi ovviamente c’è anche il metodo, la tecnica che devi imparare per saper ballare il tango. Io dedico molto tempo ai passi base, e non insegno troppi passi o sequenze perché è importante capire COME si fanno, la comunicazione, come connettersi all’interno della coppia, perché una volta che ci si relaziona con il partner ci si può capire meglio l’un l’altra.

Questa era la prima volta che venivi in Italia?
No, sono venuto tre volte per lavoro al Tangocamp, ma questa è la prima volta che vengo in tour, organizzato in Italia da Raffaella Grassi.
Che impressione hai avuto dei milongueri italiani?
Gli italiani sono molto simili agli argentini. In Italia hanno una reputazione, danno sempre vita alla loro interpretazione, sono emozionanti. Sono ballerini meravigliosi! Uomini e donne sono eleganti, sono preparati a danzare in milonga, sanno come invitare, sono molto autentici. Questo mi piace molto, che l’uomo sia l’uomo e la donna sia la donna. Mi piace anche che l’uomo sia vestito bene e non in jeans. Mi piacciono molto i valori che trasmettono.
Claudia Galati

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