UN THE-TANGO PER EVITA

Fatima Scialdone
Fatima Scialdone

Immaginate che per qualche ora, nel cimitero monumentale de La Recoleta a Buenos Aires, torni magicamente in “vita” lo spettro di Eva Perón, e che questa “rimpatriata” coinvolga anche altri illustri personaggi argentini, tangueri e non: ecco servito Un The-Tango per Evita, pièce nuovamente in scena il 9 gennaio 2017 al Teatro Sistina, frutto del pluriennale sodalizio artistico tra Fernando Pannullo alla sceneggiatura e Fatima Scialdone alla recitazione. Una collaborazione capace di creare l’ennesimo prodotto ben fatto e coinvolgente, chiamando in causa uno dei personaggi più importanti ed influenti non solo dell’Argentina ma dell’immaginario collettivo mondiale, conosciuto ai più semplicemente con il nome Evita.

In questo rendez-vous l’eterea Eva (la sempre brillante ed energica Fatima Scialdone, vulcanica tuttofare – recita, balla e canta) avrà modo di ripercorrere la propria vita anche attraverso i dialoghi con gli “invitati” a questo suo “party pomeridiano, alla moda parigina”, personaggi che hanno avuto un qualche rapporto o analogia con lei: Enrique Santos Discépolo (il Maestro Giovanni Zappalorto), Astor Piazzolla (Mariano Navone), Augustin Magaldi (Eduardo Moyano), Libertad Lamarque (Cinzia Lombardi) e il marito Juan Domingo Perón (Luciano Donda). A fare da sfondo, venti coppie di ballerini non professionisti, in un tripudio di tanghi, canti, brindisi e allegria, come ogni festa che si rispetti.
Inframezzato da tanghi ballati e cantati (la maggior parte dei quali suonati dal vivo – pianoforte e bandoneón) si dipana il racconto delle vicessitudini occorse alla protagonista, comiche al limite del grottesco o serie e drammatiche a seconda dei casi. Scopriamo così che il suo corpo mummificato fece praticamente il giro del mondo prima di trovare definitiva sepoltura in Argentina, ben 22 anni dopo la sua morte, a causa di intrighi dell’esercito che, reputandola “troppo pericolosa anche da morta” per via della sua fama e dell’attrattiva che il luogo della sua sepoltura potesse suscitare nel popolo (non dimentichiamo che quegli anni videro susseguirsi tutta una serie di golpe e di dittature militari), ne trafugarono la salma e la nascosero per decenni, finché nel 1976 Videla la fece seppellire nella cappella della famiglia Duarte nel cimitero di Recoleta, il più borghese di Buenos Aires, in una tomba-bunker divenuta meta di pellegrinaggio del popolo.

Figura controversa e oggetto di opinioni contrastanti tra chi vi vede un’eroina e chi invece un’arrivista, le contraddizioni insite nel personaggio Eva Maria Duarte de Perón emergono, inevitabili, nel confronto con gli “ospiti”, ma nella messa in scena si risolvono in una spassionata difesa della donna e del suo operato.

Figlia illegittima di un piccolo proprietario terriero di provincia, la giovane pare abbia seguito a Buenos Aires il famoso cantante di tango Augustín Magaldi allo scopo di diventare attrice e procurarsi audizioni cinematografiche, diventandone forse l’amante. Ma non ottenne l’aiuto sperato, e sembrerebbe che per mantenersi abbia fatto anche la “milonguera” nei locali, una sorta di prostituta.

Ambiguo anche il suo coinvolgimento nella carriera della “nemica-rivale” Libertad Lamarque, considerata l’attrice-cantante argentina più famosa nel mondo: nel 1945 durante la lavorazione del film “La cabalgada del circo” Libertad ebbe un diverbio con la co-protagonista Eva Duarte (nacque anche la leggenda di uno schiaffo dato a colei che sarebbe diventata la moglie del dittatore), e si racconta che per questo motivo venne osteggiata da quest’ultima e costretta a lasciare il paese.

Senza dubbio però, la sua ascesa avvenne con l’incontro e il matrimonio con il Generale Juan Domingo Perón. Dopo l’elezione di lui a Presidente nel ’46, grazie al suo ruolo di first lady Evita riuscì a portare a termine una serie di sfide e di battaglie personali volte al miglioramento delle condizioni di vita delle fasce più deboli e disagiate della popolazione: suo il merito per aver fatto approvare dal Parlamento nel ’47 il disegno di legge che concede alle donne il diritto di voto, sua la ‘fondazione Evita Perón’ con la quale aiutava i bisognosi e attuava grandi opere come le scuole e gli ospedali (finanziati anche con i soldi ministeriali) e costruiva case per i senzatetto e gli anziani, senza mai dimenticare le esigenze dei bambini. La sua attivazione concreta in favore dei diritti dei lavoratori sfruttati dai filo-britannici e degli indigenti in generale le riservò un posto d’onore nel cuore dei suoi concittadini.

Nel 1945 anche a Buenos Aires erano nati il proletariato urbano, le prime rivendicazioni sociali e le prime lotte sindacali organizzate, la più famosa delle quali fu quella dei cosiddetti Descamisados, lavoratori che reclamavano condizioni di vita migliori, che davanti al palazzo del governo (la Casa Rosada), a dispetto dell’etichetta dell’epoca, a causa del caldo si tolsero la giacca rimanendo con la camicia (da qui il termine) a sostegno di Perón e di Evita.

Perón-Evita: gli storici sono dubbiosi circa chi dei due abbia avuto maggiore influenza sull’altro. Probabilmente, Perón si occupava delle decisioni politiche mentre Evita della parte più emotiva della politica. Fatto sta che il potere della piccola sognatrice di provincia, crebbe al punto di rendere possibile la sua candidatura alla Vicepresidenza nel secondo mandato del marito, nel ’51. Candidatura cui fu costretta a rinunciare a causa delle pressioni contrarie dei militari e dei conservatori (che non potevano accettare che una donna potesse arrivare a tale carica, anche perché se Perón, ormai anziano, fosse morto sarebbe rimasta lei a comandare). “Non rinuncio alla lotta o al lavoro, rinuncio agli onori”, disse in uno dei suoi comizi al popolo.

A questa rinuncia seguì una sua grande partecipazione alle cose pubbliche. Nel suo ultimo anno di vita Evita lavorò senza sosta, fino all’agonia. Gravemente malata a causa di un cancro all’utero in stato avanzato, Evita rifiuta di farsi operare affermando di non voler rimanere a letto quando intorno a lei c’era così tanto da fare, così tanta gente che aveva bisogno di lei. Il 26 luglio del ’52 il suo decesso, a soli 33 anni, venne annunciato via radio a tutta la nazione, trasformando il suo personaggio in leggenda.

Il tango, “che ha vinto anche contro la censura dei più sciocchi”, ballato anche il giorno del suo funerale, e la luna alta nel cielo segnano l’epilogo della festa e il commiato di tutte le anime che vi hanno partecipato. “Ma è soltanto un arrivederci”, le rassicura.

Quanto dell’attivismo di Evita fosse calcolato per cercare l’affezione del popolo non lo sappiamo; per gli argentini rimane un’eroina venuta dal basso che raggiunse le vette del potere: “Evita, ambasciatrice del popolo presso Perón”, l’appellativo datole dal popolo.

Rimangono, inconfutabili, i frutti del suo impegno: le donne di tutto il mondo lottano a suo nome, e l’Argentina è il quarto paese al mondo in cui le donne hanno cariche importanti (l’Italia è l’80°). “Vorrei un posticino nella storia”, affermò. E alla fine, quel posto l’ha avuto.

Claudia Galati