I MAGNIFICI SETTE

Stampa
AddThis Social Bookmark Button

Héctor Ulises PassarellaHéctor Ulises Passarella è tornato a Roma. E insieme a lui, suo figlio e cinque allievi del suo Centro del Bandoneón. L’occasione: l’evento (gratuito) organizzato dall’Istituto Italo Latino Americano il 10 dicembre 2011 nel corso della decima Fiera Nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi” al Palazzo dei Congressi. I lettori di Tango In Roma conoscono Passarella da lungo tempo, ma non tutti forse sono stati abbastanza fortunati da poter assistere a un concerto del Maestro dal vivo: e qui entriamo in campo noi, sperando nel nostro piccolo di poter restituire anche in minima parte l’atmosfera respirata quella sera.


Che l’aspettativa fosse alta era evidente fin dall’ingresso nel corridoio antistante la sala adibita all’esibizione: un fiume umano impediva la visuale, e una simile partecipazione ci ha piacevolmente sorpreso. Una folla numerosa che ha mal sopportato un certo ritardo nell’apertura delle porte innescando un coro di proteste che hanno costretto gli organizzatori ad esordire direttamente con il concerto rinunciando ai preamboli e agli interventi previsti dei relatori. Chi non ha demorso, ha ricevuto in cambio uno spettacolo musicale come sempre di altissimo livello, molto vissuto e appassionante.
In primis, Héctor Ulises ha presentato il suo Centro del Bandoneón, la prima scuola del genere in Italia, definendo i propri allievi “amici che si sono interessati SERIAMENTE allo studio del bandoneón. Il regalo più grande che mi stanno facendo è che AMANO questo strumento, così che potranno anche comporre per esso”. “Io sono un guerriero del bandoneón, nel senso che ho dato la mia vita a questo strumento”, ha poi proseguito, strumento bellissimo ma difficile che è “partito da Bach per poi arrivare al Rio de la Plata, dove fecero sì che i limiti dello strumento diventassero il pregio del  tango”. Quando si parla dei pianisti non si dice: “pianista completo”, mentre si dice ancora: “bandoneónista completo”!, ha lamentato prima di introdurre il figlio Roberto, che ha seguito le orme del padre e ha composto la notevole Piccola suite per Bandoneón, un pezzo sulle potenzialità dello strumento in quattro movimenti, composizione ciclica in cui i temi tra i vari movimenti sono ricorrenti a due a due (primo e terzo e secondo e quarto).
Successivamente tutti e sette i musicisti hanno suonato insieme la Suite Rioplatense del Maestro uruguayano e un’altra sua composizione dedicata a Roberto Goyeneche, “che cantava con queste pause infinite dando giustamente importanza al silenzio. Nel ‘94, quando è morto, è stata una grande perdita”. Ha quindi eseguito un pezzo in assolo l’unica allieva donna (non si vedono molte bandoneóniste!), dimostrando grande bravura e sensibilità per lo strumento. Tutti insieme poi hanno attaccato a suonare la Cumparsita: senza timore di esagerare, probabilmente la migliore interpretazione di sempre. Nel tipico stile viscerale e pausato di Passarella, egli passava da note dilatate a dismisura a passaggi rapidissimi e precisissimi in cui le sue dita, sfidando la vista umana, spaziavano tra i bottoni del suo bandoneón alla velocità mostruosa del battito d’ali di un colibrì!, lasciando gli spettatori letteralmente a bocca spalancata e increduli di aver assistito a un simile spettacolo. Dopo la standing ovation, Passarella senior è tornato a parlare di Gardel e delle sue discusse origini, sottolineando che l’aspetto che più gli piaceva del cantor era il suo essere un grande MELODISTA. Gli ultimi brani suonati in gruppo sono stati: Me tengo que abrir, tango malinconico degli anni ‘50 “che ci tenevo i miei allievi suonassero perché lo suonavo io da bambino, e che aveva composto mio padre”; La Puñalada, eseguita giocando molto sulla percussione dello strumento effetto bongo; bis finale l’immancabile cavallo di battaglia Libertango.
Roberto Passarella e CarloCURIOSITÀ. Dopo il concerto abbiamo chiesto qualche delucidazione a Roberto sul funzionamento del bandoneón, scoprendo che…lo spartito non ha nulla di diverso rispetto a uno spartito normale, eccetto le segnalazioni delle aperture. “Questo perché se premi un tasto esce una nota diversa a seconda se apri o se chiudi!” Roberto non si è improvvisato compositore per bandoneón: aveva già composto per orchestra. Ci sono pochissime composizioni per bandoneón, per questo ha voluto contribuire con la sua Suite ad incrementare e continuare il repertorio di questo strumento.
Claudia Galati

 

SUITE
In musica, la suite (in francese successione) è un insieme di brani, per uno strumento solista, un complesso da camera o un’orchestra, correlati e pensati per essere suonati in sequenza. I pezzi che compongono una suite vengono chiamati tempi (o movimenti) e nella musica barocca sono tutti nella stessa tonalità. I movimenti obbligatori che compongono la suite barocca hanno nomi di danze, e sono, in ordine: Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga. È presente quindi un’alternanza tra tempi moderati o lenti (Allemanda e Sarabanda) e tempi mossi o rapidi (Corrente e Giga). Nella prima parte (espositiva) dalla tonalità d’impianto si modula ad un tono vicino (generalmente la dominante se il brano è un modo Maggiore, il relativo maggiore se è in modo Minore); nella seconda parte (di ripresa) vengono elaborati elementi tematici della prima sezione, ma non mancano periodi completamente nuovi, in sostituzione o in aggiunta a quelli già sentiti. Il percorso armonico è inverso rispetto alla prima parte (dal tono vicino a quello d’impianto).
fonte: Accademia nazionale di Santa Cecilia,
Wikipedia.